primarieUn virus si sta diffondendo nelle democrazie contemporanee, provocandovi un’infezione che sottopone il loro organismo a una dura prova. E’ il virus del direttismo, o del plebiscitarismo, che attacca quei meccanismi e quelle strutture che consentono ai cittadini di indirizzare e di controllare il governo rappresentativo. Pretendendo di realizzare una partecipazione più diretta dei cittadini al processo di governo, esso va a colpire in particolare i corpi intermedi, ritenuti un ostacolo inutile all’autentico funzionamento di una democrazia di massa. Di questa invece il direttismo minaccia la salute e distrugge gli anticorpi, senza neppure riuscire a correggere le pecche della democrazia rappresentativa, visto che in realtà ne esaspera semplicemente le modalità maggioritarie e d’investitura.

Sono convinto che avesse ragione John Dewey (1927, 146), forse il più importante esponente intellettuale del progressismo, quando sosteneva che le malattie della democrazia possono essere curate solo con «più democrazia». Ma il paradosso, con il direttismo, è che la malattia venga scambiata per la cura. Il che non vuol dire che esso venga fuori dal nulla: senza dubbio ha origine da una crisi della rappresentanza nelle democrazie di massa. Ma, facendo balenare il miraggio di un superamento della rappresentanza tout court, il direttismo rischia di travolgere la democrazia reale invece di potenziarla.

Abbiamo a che fare, dunque, con una malattia insidiosa oltre che contagiosa. Di essa non si sa molto, e dei suoi pericoli si ha ancora scarsa coscienza. Né esiste, ovviamente, un vaccino adeguato per contrastarla. Ma è ormai tempo di mettersi all’opera, prima che sia troppo tardi. L’infezione del direttismo ha già alle spalle una lunga fase di incubazione, ma adesso minaccia una vera e propria epidemia. Perché, rispetto all’inizio, il virus ha probabilmente subito una mutazione, e addirittura si presenta in forme diverse ad ogni infezione. E allora tornare al momento in cui è iniziato il contagio e raccogliere un campione originale del virus può essere la strada giusta per creare finalmente il vaccino.

Ora, se la nostra metafora ha un senso, per capire il direttismo bisogna tornare nell’America dell’età progressista, e per la precisione al Wisconsin di Robert La Follette. E’ lì che infatti furono sperimentati per la prima volta i meccanismi volti a superare le strutture intermedie di rappresentanza, dando origine all’ideologia stessa del direttismo. Ed è da lì che quest’esperimento e quest’ideologia si diffusero in un baleno, città dopo città, contea dopo contea e stato dopo stato, in tutti gli Stati Uniti, facendone uscire il sistema politico completamente trasformato nel giro di soli due-tre decenni. Così come bisogna ritornare a quell’origine per capire perché le sedimentazioni del direttismo abbiano costituito il terreno favorevole e amplificato in maniera eccezionale l’impatto delle trasformazioni sociali, tecnologiche e istituzionali intervenute in America a partire dagli anni sessanta.

Tra le riforme volute dai progressisti, quella prediletta fu certamente l’istituzione delle elezioni primarie. Come vedremo, essa fu il loro principale cavallo di battaglia per molte ragioni, ma fondamentalmente perché univa alla facile fattibilità e alla sua portata apparentemente modesta una capacità distruttiva senza pari. Da un punto di vista formale, infatti, le primarie sono uno strumento proprio — per quanto accessorio — della democrazia rappresentativa, nel senso che si limitano a intervenire sul modo in cui gli elettori scelgono i propri rappresentanti. Ma, dal momento che strappano dalle mani delle organizzazioni politiche il compito di nominare i candidati alle elezioni, esse realizzano integralmente e in un punto nevralgico il principio direttista per eccellenza, che è quello dell’investitura plebiscitaria dei leader politici.

Capire come e perché furono concepite, dove e da chi furono intraprese, allora, può davvero aiutarci a riflettere sul significato e sugli effetti che questo istituto ha per un regime democratico. Certamente servirà ad approfondire la nostra conoscenza della politica americana, che per noi europei rimane pur sempre una realtà lontana, poco o mal conosciuta, a causa di pregiudizi o di luoghi comuni. Invece essa per il resto del mondo si rivela più che mai condizionante, con il passar del tempo, nonché capace di fornire modelli e innovazioni, o di anticipare problemi e pericoli, con cui prima o poi anche le altre democrazie si trovano a fare i conti. Ed è sicuramente questo il caso delle elezioni primarie, che da alcuni anni a questa parte sono prese in seria considerazione e cominciano ad essere sperimentate da altre democrazie, anche mature.

Per quanto non manchino — e non siano mai mancate — le critiche e i tentativi di rimetterle in discussione, e per quanto non si possa dire che richiamino molta partecipazione, le primarie sono un’istituzione di cui tutto sommato gli americani vanno fieri, così come avviene del resto con le altre istituzioni e tradizioni politiche che hanno contraddistinto il loro «eccezionalismo»: il presidenzialismo, il federalismo, lo stato minimo ecc. E una ragione in più per esserne fieri gli è data dal successo che altrove stanno avendo ultimamente queste istituzioni, apparse a lungo non esportabili perché troppo legate al contesto specifico di quel paese. Comunque sia, le primarie rimangono un’istituzione «americana», che oltreoceano si dà ormai per scontata, come se fosse un attributo naturale della loro democrazia. Eppure non è stato sempre così. Quando le primarie furono introdotte non sembrarono affatto una cosa naturale. La loro introduzione è abbastanza recente, almeno secondo il metro di valutazione di noi europei, visto che risale appena a un secolo fa. Ma quel che più conta è che l’introduzione delle primarie negli Stati Uniti non fu per niente pacifica, anzi fu motivo di discussioni e conflitti assai intensi. Poiché le sue implicazioni, lo si sarebbe visto, erano enormi. Ed è appunto di tali vicende che si occupa questo libro.

Vai alla scheda del libro di Enrico Melchionda Alle origini delle primarie Democrazia e direttismo nell’America dell’età progressista

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