Umberto_AllegrettiNon è la prima volta – è accaduto per i temi della Costituzione, dell’Europa e della globalizzazione – che numeri contigui nel tempo di De-mocrazia e diritto tornino nella loro parte monografica su una stessa temati-ca. Nel fondo ciò avviene quando si tratta di questioni, che non solo rivestono attualità particolare, ma che coloro che fanno la rivista ritengono di maggio-re rilevanza per la vita presente delle istituzioni e per gli sviluppi possibili o auspicati. Questo è innegabilmente vero per la «democrazia partecipativa»: un insieme (riprendiamo per un generale approccio a questo campo semanti-co le significative espressioni usate da Luigi Bobbio nell’articolo che apre il numero) di aspirazioni, linee di tendenza e orientamenti politici, e spesso di concrete esperienze, che mirano a modificare i regimi prevalentemente rap-presentativi attraverso i quali le democrazie funzionano (quando funzionano). Quest’insieme consta di presenze assolutamente globali – si hanno notizie di esperienze e progetti, oltre quelli più sedimentati dell’America Latina, avviati in contesti così vari (e certo così variamente problematici) come alcuni paesi africani, l’Arabia Saudita, l’Indonesia e la Cina – le quali, per far riferimento a realtà a noi più vicine, si vanno disseminando in tutti i paesi europei e sono ormai in via di incremento in Italia, tanto da meritare forte attenzione, sia al fine di decifrarle con accuratezza nel loro andamento «eterogeneo, contrad-dittorio e informe» – in questo modo si esprime con un condivisibile senso di cautela lo stesso Bobbio –, sia nella convinzione che si possa utilmente accompagnarle con la giusta simpatia e col giusto senso critico.
Perciò questo fascicolo continua, rispetto al precedente, con la documenta-zione delle esperienze. Lo fa tornando su un caso latino-americano, quello del Venezuela, nel quale (come preannunciavamo nell’introduzione al numero 3 della rivista) è disponibile ormai, dopo l’accoglimento in costituzione e la re-alizzazione di interessanti pratiche, anche un’esperienza di regolamentazione legislativa; riprendendo il caso francese, con un’approfondita lettura del giu-stamente celebrato (almeno in quel paese) bilancio partecipativo dei licei at-tuato nella regione diretta dalla candidata socialista pervenuta al secondo turno delle elezioni presidenziali Ségolène Royal; e presentando un’e-sperienza italiana tra le più avanzate, quella della regione Lazio.
Altri articoli affrontano tematiche più generali. Tra di essi si fa partico-larmente notare quello di Luigi Bobbio già prima citato. Sia perché – con un metodo che da sempre auspichiamo e che non sempre i limiti del nostro grup-po o la risposta del nostro pubblico di riferimento ci consentono di realizzare quanto vorremmo – Bobbio ha accettato di discutere espressamente e acuta-mente i saggi pubblicati nel numero precedente sull’argomento, entrando con essi in un dialogo che ci pare produttivo. E sia per la problematica prospetta-zione, oggetto del suo intervento, dei bivi o dilemmi davanti ai quali – nella varietà delle idee e delle pratiche che già abbiamo segnalato – la democrazia partecipativa inevitabilmente si trova. Dilemmi che, nonostante la possibilità di esprimere per ciascuno di essi delle preferenze fondate sui vantaggi e svan-taggi che le diverse impostazioni adottate rispettivamente presentano al lume di un esame teorico e di un’attenta ricognizione delle pratiche, e preso atto in molti casi dell’opportunità di effettuare, di fronte ai loro atout e ai loro rischi, composizioni differenti di elementi e scelte bilanciate, spingono a concludere in realtà – così Bobbio osserva – a favore della variabilità delle forme (e non di una forma) di democrazia partecipativa, da adattare alla natura dei pro-blemi che di volta in volta si intende affrontare. Un ultimo saggio espone gli interessanti risultati di un’inchiesta avente per oggetto l’uso politico di Inter-net da parte di un gruppo di giovani studenti europei: un argomento che rien-tra in un campo più generale ma direttamente collegato a quello qui indaga-to, in relazione all’incidenza che possono avere i possibili (e presenti in più d’un’esperienza) impieghi di questo strumento nella democrazia partecipati-va.
Tutte le caratteristiche della materia inducono la rivista, come del resto è sua abitudine, a tenere ancora aperto il discorso nei prossimi fascicoli, attra-verso le rubriche destinate alla «ricerca continua». Intanto, questo numero fa lo stesso per altri argomenti su cui siamo intervenuti più volte. Lo fa innanzi tutto per la questione dell’Unione europea, la cui evoluzione istituzionale e politica, dopo la lunga stasi seguita alla sconfessione referendaria intervenu-ta in alcuni stati membri sul Trattato costituzionale firmato nel 2004, final-mente – a seguito in particolare delle iniziative della presidenza tedesca e della definizione (ancora parziale) della situazione politica francese con l’e-lezione di un nuovo presidente, e anche per l’avvicinarsi delle nuove elezioni del parlamento europeo – sembra giunta più vicino alla possibilità di una svolta. Su questa possibilità prendiamo posizione, nella linea seguita in tutti questi anni dalla nostra rivista, per un ripensamento che non sacrifichi i passi avanti contenuti nel Trattato costituzionale e ne acquisisca altri, soprattutto in campo sociale. In proposito, chi scrive ha avuto modo di esprimersi in un recente convegno di fronte a vari responsabili di partito e a deputati, oltre che a studiosi, di vari stati membri; pertanto, abbiamo ritenuto di pubblicare, in appendice a un ragionato testo che rielabora in lingua italiana le cose so-stenute in quell’occasione, la versione di quell’intervento nella lingua inglese in cui è stato pronunciato, testo, quest’ultimo, che ci pare raccomandarsi per la concisa precisione con cui presenta un’ipotesi concreta di soluzione della difficoltà costituzionale nella quale ancor oggi (maggio 2007) gli stati mem-bri si dibattono (con l’occasione, vorremmo esprimere davanti ai lettori l’in-terrogativo che il gruppo redazionale si va ponendo, circa la possibilità di pubblicare in qualcuna delle principali lingue europee taluni dei testi formu-lati in tali lingue: ciò sia per ragioni di diffusione all’estero della rivista che per risparmio dei costi elevati delle traduzioni).
Fra gli altri contributi, vogliamo infine segnalare la ricerca sulle elezioni parlamentari italiane del 2006 (di cui apparirà sul prossimo numero di De-mocrazia e diritto la seconda parte), anticipo sostanzioso di una più vasta in-dagine in corso presso il Crs sullo stato della democrazia in Italia, le cui con-clusioni – seppure accennate con sobrietà – appaiono di grande interesse per meglio diagnosticare la situazione di difficoltà sociale e culturale che sta alla radice delle scelte politiche degli elettori italiani e per predisporne (in parti-colare, nell’ambito della sinistra) un superamento in futuro.

Un commento a “Democrazia partecipativa, Europa e altro”

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