Il lavoro al centro, Interventi

1. La diseguaglianza. Non viviamo in un mondo giusto. Per di più non esistono istituzioni e progetti politici sufficientemente condivisi in grado di porvi rimedio. Persino sulla questione più dibattuta degli ultimi tempi: quella dei debiti sovrani, le diseguaglianze stanno diventando allarmanti. Non c’è bisogno delle parabole francescane e nemmeno della retorica del libro Cuore per rendersi conto che i poveri si comportano meglio dei ricchi. Basta dare una occhiata agli studi del Fondo Monetario Internazionale e prendere in considerazione la spaventosa somma del debito mondiale: quasi 40 mila miliardi di euro. Una fortuna immensa e pesantissima. Eppure inesistente. Dato che si tratta di soldi spesi, ma non disponibili. Il dato che balza agli occhi è che l’84 per cento del debito l’hanno contratto i paesi industrializzati. Vale a dire Europa, Stati Uniti e Giappone. Posti dove il debito raggiunge e supera quasi sempre il 100 per cento del Pil. In Africa, in Asia ed in altri paesi ai margini della ricchezza mondiale, invece il debito pubblico ammonta a circa un terzo del Pil (33 per cento). In soldoni i poveri hanno qualche chance di pagare i loro debiti. I ricchi no. Per lo meno non tutti. Eppure nel 2007 questo straordinario debito mondiale ammontava alla metà. Ciò significa che in particolare gli Stati ricchi hanno raddoppiato il ricorso al credito in pochissimi anni. Innescando una spirale che ora non si sa bene come bloccare. Cosa ha portato a questa situazione? Semplice. In primo luogo l’uso di ingenti risorse pubbliche per “socializzare le perdite” di chi aveva attivato la più gigantesca ed irresponsabile speculazione, salvando banche ed intermediari finanziari che su quei traffici avevano realizzato enormi profitti. Poi la convinzione di poter comunque contare su una crescita ininterrotta e costante, attraverso l’accaparramento del grosso delle risorse naturali esauribili e senza nessuna remora per le conseguenze in termini di inquinamento e cambiamento climatico.

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