Ricordando Pietro Barcellona

pietro-barcellona-1Pietro Barcellona ci ha lasciato pochi giorni fa. Nell’ottava legislatura, dal 1979 al 1983, egli è stato membro di questa Camera nonché della Commissione Giustizia, dopo essere stato componente del Consiglio Superiore della Magistratura e prima di dirigere quel Centro riforma dello Stato che fu fondato da Pietro Ingrao.

Nato a Catania nel 1936, aveva compiuto da poco 77 anni. Giovane e precocissimo studioso di diritto privato e poi sempre più di filosofia del diritto, Pietro Barcellona è stato una delle figure intellettuali più importanti e rappresentative della cultura del Mezzogiorno e del nostro paese in questo dopoguerra.

Uomo inquieto e curioso, insofferente nei confronti dei confini della sua disciplina, divenuto giovanissimo ordinario di diritto privato, egli scavalcò presto i limiti formali del diritto per andare ad indagare i rapporti di potere che dietro quel formalismo si nascondevano. Di qui il progressivo interesse al marxismo, fino all’approdo ad esso e al Partito comunista italiano. Dette inizio così ad una stagione creativa e fu l’autore di saggi molti noti, assumendo cariche importanti all’interno di quel partito. Fu allora che ebbi la ventura di conoscerlo e di apprezzarne l’intensità, la passione, l’impegno civile e teorico.

Ma Pietro Barcellona tutto fu tranne che uno studioso imbalsamato e soddisfatto, felicemente inserito all’interno di una nomenklatura. La sua inquietudine si mescolava ad un’impazienza pratica, ansiosa di verificare ogni volta i rapporti tra l’elaborazione teorica e i risultati concreti. Era un uomo franco e leale, abituato a dire in faccia ai suoi interlocutori quello che pensava, e se all’inizio questo suo tratto poteva non piacere, ben presto si rivelava un modo per mantenere i rapporti umani al loro livello più alto, per sollecitare la discussione e lo scambio di idee, e per far prevalere la franchezza su ogni diplomazia e mediazione.

E di questa grande passione che lo ha animato per tutta la vita una dimostrazione fu il modo in cui ha vissuto il passaggio del 1989, quello del crollo del Muro e della fine del sistema sovietico. Se molti si sono accomodati alla nuova realtà, scegliendo in base non solo al buon senso ma anche ad un antico tratto italiano, quello, come dice Flaiano, di correre in soccorso dei vincitori, Barcellona rifiutò di cedere al nuovo, anche se si rendeva perfettamente conto che il mondo che era crollato era precipitato per le sue debolezze e i suoi errori, che non si poteva certo tornare indietro, ma si doveva andare oltre ed avere il coraggio di farlo.

Iniziò allora un lungo percorso che lo vide sempre in controtempo ed in contrasto con i luoghi comuni dominanti, attraversò i territori della psicanalisi, e si mise alle alle spalle le antiche certezze. Anche in questo tratto del percorso era visibile il suo attrito con il mondo che si era venuto affermando, dominato dallo strapotere della tecnica, da un individualismo di massa sottoposto alle leggi del mercato e del capitale, da un relativismo visto come il regime dei più forti. E’ dal rifiuto di quella cultura laica, che, abbandonato ogni serio attrito, si era e si è accomodata in questo mondo, che nasce quel passaggio che i media hanno etichettato come conversione religiosa. In realtà si trattava di una forma di coerenza con il permanente bisogno di trascendere questo mondo, di avere un criterio forte per combatterne i pregiudizi e l’ideologia. L’ultima fase del suo pensiero è stata quindi tormentata da un problema: è possibile ribaltare questo strapotere e quali sono le strade da battere per produrre questo ribaltamento? Alla luce di questo bisogno così radicale il suo approdo all’importanza della nozione di trascendenza non può sorprendere.

Ora la sua voce non c’è più, ma ci rimane la sua opera. Sono convinto che il futuro, ma anche tutti noi che siamo oggi qui in questa Aula, avremo ancora bisogno del coraggio teorico e civile che ha animato Pietro Barcellona. Spero che l’averlo ricordato in questo luogo, nel quale ha lavorato con la passione e la conoscenza che tutti gli riconoscevano, non sia solo l’omaggio che gli è dovuto, ma una piccola traccia capace di spingere altri a misurarsi, tramite il suo lavoro, con le drammatiche sfide del mondo che ci aspetta.

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