Interventi

Il secondo turno delle elezioni parlamentari francesi ci ha consegnato un quadro politico al cui centro la figura di Emmanuel Macron si pone ormai incontrastata. Il neo-eletto presidente ha conquistato infatti col suo partito “La République en marche” 308 seggi (ai quali si sommano i 42 dell’alleato “Mouvement democrate” guidato da François Bayrou) sui 577 totali dell’Assemblea nazionale [1], avendo anche raccolto l’appoggio di numerosi ex-esponenti dei partiti tradizionali [2]. Nonostante l’astensionismo al 57,4% e una marcata sperequazione nel rapporto tra la percentuale dei voti ricevuti e quella degli scranni ottenuti, dovuta al sistema maggioritario, il successo di Macron è evidente, così come la sua capacità di intercettare l’effetto di trascinamento delle presidenziali sulle legislative che si verifica puntualmente da quando, nel 2002, è stata introdotta l’inversione del calendario elettorale.
Per conoscere in maniera più approfondita la figura dell’enfant prodige della politica francese e tentare di comprenderne più precisamente l’identità politica e il profilo intellettuale è utile analizzarne il percorso formativo, dedicando attenzione anche ai suoi scritti e alle sue dichiarazioni.
Nato ad Amiens in una famiglia benestante (il padre è medico e la madre è una professoressa universitaria) non credente, Macron si fa battezzare cattolico a 12 anni e frequenta un liceo gesuita, dove conosce la sua futura moglie. Si laurea in filosofia presso l’Università Paris Ouest Nanterre La Défense, si specializza poi in scienze politiche presso l’Istituto di studi politici di Parigi e completa la sua formazione all’École nationale d’administration (ENA). Scrive una tesi di laurea su Machiavelli [3] e una dottorale sull’interesse generale, alla luce dei principi di Hegel [4].
La sua nota curriculare accademica più importante riguarda però l’incontro col filosofo Paul Ricoeur, come lo definisce Macron stesso, “l’altro voto del 68’” [5], il filosofo della conciliazione sociale e della fenomenologia ermeneutica. Il neo-eletto presidente francese fu suo assistente editoriale tra il 1999 ed il 2001 e ne fu collaboratore editoriale per l’opera “La Mémoire, l’histoire, l’oubli (Seuil, 2000)” [6]. Vi sono opinioni però contrastanti sulle sue doti filosofiche. Myriam Revault d’Allonnes, membro del comitato scientifico del Fonds Ricoeur, ne sminuisce con ironia la funzione, non attribuendogli alcun contributo scientifico nella redazione dei testi del filosofo di Valence. Al contrario Olivier Mongin, direttore della rivista Esprit, del cui consiglio redazionale Macron ha fatto parte per alcuni anni e per la quale ha scritto anche otto articoli [7], lo definisce come di “incontestabile solidità filosofica” [8].
Il giovane presidente dal canto suo dichiara apertamente di “ador[are] la filosofia”, di ”am[are] comprendere e fare” e di sentire quindi la necessità  di “un’azione quotidiana” propria del campo politico, dove si può avere “l’opportunità di partecipare a un’azione collettiva che cerca di avere un senso” [9]. Questa sua vocazione all’azione pratica non indica necessariamente una distanza dall’attività riflessiva filosofica, ma anzi si riallaccia alla concezione ricoeuriana, la quale sottende un rapporto essenziale e inscindibile fra teoria e prassi, nella formazione di un pensiero compiuto che trova fondamento e giustificazione proprio nella sua effettività e nel suo rapporto con l’identità sociale dell’uomo. Da questo punto di vista, quando Macron nella sua breve biografia sul sito di En Marche esprime l’intenzione di nutrire le [sue] azioni con le riflessioni e la filosofia di Ricoeur [10], pare essere sincero. Tale similitudine concettuale non è però sufficiente a delineare una più sostanziale affinità tra il suo pensiero e quello del filosofo di Valence, soprattutto in ambito sociologico e politico.
Procediamo per gradi, tentando in primo luogo d’individuare l’orientamento ideologico di Macron. Egli si definisce un liberale di sinistra, con un profondo rispetto e una salda fiducia nei confronti dell’uomo, pronto a rinnegare ogni violenza e con essa il colonialismo [11], non si riconosce però come un socialista [12]. Sostiene la necessità di una società più giusta, con un maggiore grado di uguaglianza e di libertà e auspica un ritorno all’unità ed all’illuminismo, professando apertamente la sua aspirazione europeista ed il suo essere, benché cattolico, un fiero difensore della laicità dello Stato. In uno dei suoi scritti d’analisi politologica presenti sull’Esprit [13] riflette a proposito della necessità di una politica capace di costruire un’azione propria e durevole e di rispondere al contempo ai bisogni impellenti delle persone. Una politica che non si limiti all’annuncio, che sappia superare il modello cesarista e ricostruire un rapporto col popolo, che poggi sui tre pilastri della responsabilità, della deliberazione e dell’ideologia, solo ispirandosi alla quale è possibile assumere decisioni giuste e difficili come tassare i patrimoni più ricchi, pur correndo il rischio di una fuga di capitali.
In un altro articolo a più mani [14] o nell’intervista a Jacques Delors [15] si occupa invece di trattare i temi della coesione sociale, della globalizzazione, dello sviluppo sostenibile ed ecologico, dei diritti dei lavoratori, di nuove tutele sociali maggiormente centrate sul singolo individuo, del welfare, della creazione di un modello economico più equo ed efficace, di una riorganizzazione istituzionale dell’UE e degli altri importanti enti internazionali; agendo sia nella politica interna francese che nel contesto della cooperazione fra stati. Il leitmotiv è l’adozione, tanto nelle domande che nelle considerazioni proposte, di uno spirito criticamente costruttivo teso alla soluzione di complesse problematiche riguardanti lo stato di benessere e il progresso socio-culturale.
Proprio alla cultura ed all’istruzione, soprattutto di grado superiore, sono relative la maggior parte parte delle sue pubblicazioni sull’Esprit, nelle quali tratta, partendo da diversi punti di vista, i temi della didattica, della ricerca, dell’efficacia dei metodi valutativi e di quelli organizzativi, sottolineando la necessità di una riforma strutturale che promuova l’indipendenza dei singoli centri e delle università rispetto alle centralizzazioni statali e alle ingerenze dei finanziatori privati. A questi temi si accompagnano brevi studi atti a descrivere la situazione francese e a promuovere la modernizzazione e lo snellimento dell’apparato burocratico. Appare essere inoltre centrale la questione della formazione continua e altamente qualificata per studiosi e lavoratori, indicata come indispensabile per lo sviluppo e la tutela dei cittadini, in un contesto economico-politico sempre più complesso ed instabile.
Nel commento di presentazione all’opera di Ricoeur [16], Macron dimostra invece una naturale confidenza col linguaggio filosofico, e una compiuta capacità d’analisi dei vari riferimenti fenomenologici legati alla memoria e all’oblio come mezzi ermeneutici di lettura e trasformazione dell’esistenza storica. Il suo lessico scientifico si conforma al tono evocativo e poetico, in senso ampio, del filosofo di Valence, anche se con un percepibile distacco analitico, che ne fa presumere uno studio freddo, ma anche una condivisione delle tesi esposte più connessa a una stima reverenziale che a una introspettiva e partecipata adesione.
Esattamente su questo aspetto si centra il secondo punto della nostra analisi, cioè sul determinare quanto le opinioni e le argomentazioni di Macron siano interpretabili come il riflesso della sua capacità di adattarsi vantaggiosamente all’ambiente nel quale si trova e quanto derivino invece da una sua motivata e stabile convinzione.
In ragione di tale proposito, risulta essere indispensabile il riferimento alla filosofia di Ricoeur. Nel pensiero del filosofo francese è sicuramente presente un afflato esistenzialista, che sottende un forte sentimento solidaristico di stampo anche religioso, misto a un rigore scientifico che si declina in un’ermeneutica fenomenologica, dove lo studio del linguaggio e dell’etica si incontrano nello spazio della relazione sociale, storica e politica [17]. Per sua stessa ammissione, egli si dice influenzato dal pensiero di differenti maestri [18], nonché portato ad attingere e a fare proprie varie concezioni e strumenti analitici, pur restando non pienamente capace di mantenere divisa la fede dalla ragione nell’elaborazione delle sue opere [19]. Questa ricca commistione di suggestioni culturali gli permette di elaborare una filosofia complessa quanto ampia, che trova la sua specificità proprio nella capacità di abbracciare varie concezioni e di individuare un filo comune che le leghi nella conoscenza dell’uomo in quanto tale.
Oltre a tale impianto teoretico però, il pensiero di Ricoeur si articola in una serie di precise definizioni di ordine politologico, storico e giuridico. Egli si richiama esplicitamente all’economia del dono [20] ed al modello della giustizia riparativa [21], attraverso la cui adozione ritiene possibile una diminuzione il grado di violenza all’interno delle istituzioni sociali, “pur riconoscendo che tutti gli stati hanno la loro origine nella violenza … [sostiene che ] non è la violenza che definisce lo Stato, ma la sua finalità, che è quella di aiutare la comunità storica a fare la sua storia. In ciò sta il suo essere centro di decisione” [22]. E la storia che immagina Ricoeur si svolge in uno spazio pubblico condiviso e aperto al dialogo, dove la democrazia possa svilupparsi e nel quale non domini il “carattere retorico del discorso politico… [che] contamina l’invocazione dei grandi principi, facendone degli stereotipi morti” [23], costringendoci alla vergogna “nella misura in cui la mia parola è partecipe della consapevolezza di una società ingiusta che sfrutta il lavoro” [24]. Per Ricoeur “ciò che riunisce, in ultima analisi, il politico all’etico, l’ordine alla carità, è il rispetto della persona nella sua vita e nella sua dignità” [25]. La tutela e la promozione di tale dignità seguono un’idea ed un progetto preciso di studio e di applicazione prasseologica; può dirsi lo stesso per Macron?
Se da un lato il neo-eletto presidente francese si dichiara anti cesarista, dall’altro assume i connotati di un nuovo monarca illuminato (vedasi la promenade dinanzi al Louvre), spesso incline all’utilizzo di una propaganda merceologica e a volte evocatrice della mai sopita grandeur francese. Si dichiara ideologicamente convinto della necessità di tassare i patrimoni, ma definisce una tassa al 75% per i redditi maggiori un incubo da Cuba senza sole [26]. Pone al centro del suo programma la difesa dei più deboli, ma appoggia riforme molto contestate come la “loi travail” di Myriam El Khomri. Sottolinea l’importanza dell’indipendenza delle istituzioni dagli interessi economici, ma passa con nonchalance dall’agenzia delle entrate alla banca d’affari Rothschild and C. e da questa al ministero delle finanze e poi all’Eliseo.
La sua sembra essere una figura politico-intellettuale ambigua e probabilmente ancora in via di formazione. Le sue dichiarazioni, le sue scelte professionali e le sue azioni di governo sono differenti e mutevoli nel tempo e in dipendenza dal contesto. Talvolta appare come un giovanotto inesperto votato puramente al successo; in altri casi invece come un leader consapevole indirizzato al cambiamento. Appare alternativamente come un social-progressista o come un neo-liberista [27]. Può sbagliare nel definire la posizione geografica della Nuova Caledonia, ma la sua devozione per l’istruzione e la cultura non possono essere messe in dubbio. Sfida a viso aperto il Presidente degli Usa, ma nelle foto che pubblica sui suoi incontri con i cittadini non compare quasi mai; preferisce mettere i suoi interlocutori alla luce dell’obiettivo. Se sia un intellettuale e un politico informato e consapevole o semplicemente un abile sofista in cerca di gloria potremo scoprirlo solo osservandolo con perizia nello svolgimento del suo mandato. Sempre ammesso che ci sia possibile o che in realtà in Macron non convivano in perfetta armonia queste due anime in apparente contrasto.
In ragione di tali considerazioni e alla luce del suo singolare rapporto con Ricoeur, è lecito quanto meno auspicare che l’allievo condivida col maestro l’utopico ideale “che l’incorporazione tenace, via via, di un grado supplementare di compassione e di generosità in tutti i nostri codici – dal codice penale alle norme di giustizia sociale – costituisce un compito perfettamente ragionevole, benché difficile e interminabile” [28].
[1] “Elections législatives 2017 : ce qu’il faut retenir des résultats du second tour”, Le Monde, 19 giugno 2017
[2] F. Bardou, “Le premier tour des législatives en 15 chiffres”, Libération, 12 giugno 2017
[3]  Le Fait politique et la Représentation de l’histoire chez Machiavel
[4]  L’Intérêt général : lecture et principes de la philosophie du droit de Hegel
[5] N. Truong, “Emmanuel Macron, un intellectuel en politique?”, Le Monde, 1 settembre 2016
[6] Idem
[7] Qui la lista completa
[8] N. Truong, cit.
[9] G. Biseau, “Avec Macron, l’Elysée décroche le poupon”, Libération, 26 agosto 2014
[10] Qui il collegamento
[11] F. Métaoui, “Macron reconnaîtra-t-il les crimes du colonialisme français en Algérie?”, TSA, 8 maggio 2017
[12]  Jé. M., E.M., Neila Latrous, “Macron: ‘L’honnêteté m’oblige à vous dire que je ne suis pas socialiste'”, BFMTV, 19 agosto 2016
[13] E. Macron, “Les labyrinthes du politique: Que peut-on attendre pour 2012 et après?”, Esprit, 374(3/4), 2011, pp. 106-115
[14] P. Lamy, E. Macron, M-O. Padis, A. Béja, “Quand les pays émergents s’imposent sur la scène internationale”, Esprit, 385(6), 2012, pp. 82-91
[15] J. Delors, E. Macron, O. Mongin, M-O. Padis, “De la question sociale en France à l’Europe: Entretien avec Jacques Delors”, Esprit, 275(6), 2001, pp. 157-178
[16] E. Macron, “Le lumiére blanche du passé. Lecture de ‘La Mémoire, l’historie, l’oublì’, Esprit, 266/267(8/9), 2000, pp. 16-31
[17] Cfr. P. Ricoeur, “Riflession fatta: autobiografia intellettuale”, Jaka Book, Milano, 1998, pp. 25 e ss e F. Brezzi, “Introduzione a Ricoeur”, Laterza, Roma-Bari, 2006, pp. 4 e ss, 64 e ss.
[18] Cfr. P. Ricoeur , G. Marcel, “Per un’etica dell’alterità: sei colloqui”, Edizioni Lavoro, Roma, 1998, pp.84 e ss.
[19] Cfr. P. Ricoeur, “La critica e la convinzione. Intervista con F. Azouvi e Marc de Launay”, Jaca Book, Milano, 1997, p. 211
[20] Cfr. Id., “Amore e giustizia”, Morcelliana, Brescia, 2000, pp. 33 e ss.
[21] Cfr. Id., “Le droit de punir”, P. Ricoeur, Le droit de punir, in AA. VV., Die Normativität des Winklichen, Stuttgart, 2002, pp. 451 e ss.
[22] Id., “Dal testo all’azione”, Jaca Book, Milano, 1989, p. 385
[23] Ivi, p. 391
[24] Id., “La questione del potere. L’uomo non-violento e la sua presenza nella storia”, Marco, Lungro, 1992, p. 139
[25] Ivi, p. 55
[26] G. Biseau, cit.
[27] D. Zaccaria, “Emmanuel Macron è davvero ultraliberista?”, Il dubbio, 6 maggio 2017
[28] P. Ricoeur, Amore e giustizia, cit., pp. 44 s

2 commenti a “Macron: il profilo del "filosofo presidente"”

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