Teologia Politica

critica-secolarizzazione“Per una Critica della Secolarizzazione” è il titolo di un ciclo di seminari organizzati dalla Fondazione CRS – Archivio Ingrao nel corso del triennio 2006 – 2008. Da questi seminari nasce l’idea di pubblicare un libro avente lo stesso titolo dove vengono riportare le riflessioni elaborate all’interno del ciclo seminariale. “Per la critica” è un modo intellettuale di porsi di fronte al mondo: praticamente applicabile a tutto ciò che è. Nulla di ciò che esiste intorno a noi, e forse anche dentro di noi, sfugge infatti ormai al morso della critica. E bisogna intendersi sul segno di questa battaglia culturale. Critica non è semplice rifiuto, non è mero abbattimento, non è cioè approccio nichilistico. Al contrario. L’intento è ricostruttivo. Si tratta di attraversare l’esperienza – un corpo di dottrine, un’elaborazione di idee, una stagione di dibattito, un tentativo di realizzazione – liberi dai presupposti ideologici delle false apparenze e disponibili a coglierne gli elementi di reale avanzamento. Il modello è la marxiana critica dell’economia politica, che si faceva carico di assumere, come eredità e nello stesso tempo come contrasto, un livello classico di teoria, per confrontarsi, per farci i conti, e su quella base elaborare un punto di vista ulteriore e contrapposto. I processi cosiddetti di secolarizzazione si prestano a questa operazione. Una vicenda di lunga durata, complessa, sottoposta a diverse letture interpretative, sperimentata su vari piani, di storia culturale e di storia reale, con protagonisti intellettuali e movimenti strutturali, economici e politici. Districarsi dentro questo cerchio di problemi in gran parte ancora aperti, è difficile. Qui naturalmente l’argomento viene preso dal lato teorico-storico, ma sapendo che c’è dell’altro, c’è del pratico, dell’immediato, c’è un tratto di congiuntura che attraversa il tema strategico. C’è da un lato il capitalismo di oggi, e la società secolarizzata, che noi pensiamo serve ad esso, per mantenersi e, quando può, per svilupparsi, in ogni caso per imporsi. C’è dall’altro lato la Chiesa di oggi, che per un verso è tentata di inscriversi in questi processi con la sua tradizionale capacità di adattamento, per altro verso è per natura portata a contrastarli, o a trattenerli, quando li vede aggredire i confini e i misteri del sacro. Dire allora “sacro e secolarizzazione”, accostare i due termini, confrontare le due dimensioni, esplorare le rispettive pretese e le contemporanee insufficienze, vuol dire entrare nel corpo vivo dei problemi che la società e la politica hanno in comune qui e ora. E’ questo il motivo per cui una comunità intellettuale, orientata criticamente a sinistra, come il Centro per la Riforma dello Stato, mette all’ordine del giorno delle sue ricerche e delle sue iniziative anche questi problemi. Si tratta di far saltare le separatezze disciplinari di filosofi e teologi, come le competenze specialistiche di intellettuali e politici. E di più: si tratta di tirarsi fuori dalla chiacchiera del dialogo tra laici e cattolici e dalla noia del confronto tra credenti e non credenti.

Siamo dentro le due crisi, del mondo secolarizzato e dell’universo sacrale. Il circolo di sacro e secolare si è spezzato. Qui sta il segno inquietante dell’attuale crisi di civiltà. Le magnifiche sorti e progressive della secolarizzazione borghese hanno prodotto questa collettiva perdita di senso del vivere in comune di uomini e donne in carne ed ossa. Se ognuno per sé, senza altro oltre, allora non si dà più società. E il futuro è veramente dietro le spalle. La decantata modernizzazione ha distrutto il popolo, senza fare dell’individuo una persona, anzi facendone una massa. Un po’ come la prodigiosa mondializzazione, che è andata ad infilarsi nell’imbuto di una grande crisi finanziaria ed economica. Così accade quando i processi non sono guidati, e avanzano senza sapere dove vanno. La secolarizzazione questo è stata: un processo senza un soggetto, o meglio con un soggetto che era praticamente un sistema di leggi e regole e compatibilità tutte oggettive. Alla fine, nel suo esito, si rivela come un enorme potente procedimento di alienazione umana, espropriazione di umanità, che una volta oggettivata non viene restituita, e quindi viene perduta, appropriata da un mondo estraneo e ostile a qualsiasi forma di interiorità. E’ la universale borghesizzazione di tutto ciò che è umano: sotto la falsa forma di una crescita esteriore, di condizioni, di comportamenti, di convinzioni, di emancipazioni. L’esatto contrario della libertà è quello che garantiscono oggi i cosiddetti paesi liberi. Dall’altra parte, che non è la parte opposta ma la parte complementare rispetto a tutto questo, che cosa c’è? Il “ritorno del religioso” è qui da noi, in occidente, un evento giornalistico, più in generale un fatto mediatico, uno spettacolo di piazza, un Festival della religione, che non incontra il Cristianesimo e non incontra nemmeno la Chiesa. Il sacro, il divino, il liturgico, il trascendente stanno, emarginati, altrove, in singole esperienze di testimonianza, in isolate comunità monastiche, in deposito, per fortuna eterno, nel corpo delle Scritture. L’istituzione è indispensabile alla fede e non è il caso di iscriversi al partito dei cristiani del dissenso. Ma il rimprovero vero da fare all’istituzione è ora non quello di una mancata secolarizzazione, piuttosto quello di una avvenuta desacralizzazione della sua missione, la deriva di un fondamentalismo etico, in assenza di una teologia politica dell’avvenire. Fondamentalismo e secolarizzazione sono le due facce di una stessa medaglia. E la medaglia è il mondo diviso, all’interno di ogni sua parte, in oriente come in occidente, tra chi possiede e chi è espropriato, tra chi comanda e chi è comandato, tra chi può scegliere quale futuro e chi non ha nemmeno un presente. Come può mantenersi lo stato raggiunto dalla secolarizzazione trionfante nel punto della sua crisi? Apre questo una situazione estrema? O tutto è destinato a ricomporsi in un nuovo ordine postsecolare nel segno di una altrettanto trionfante età postmoderna? Sono interrogativi attualmente senza risposta. Forze soggettive alternative in campo non ce ne sono. Processi ciechi sbattono la testa contro il muro di una storia passata non redenta.

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