Materiali

Una prospettiva di Sinistra

Una riflessione di Livia Panarini sul libro di Simone Oggionni e Paolo Ercolani "Manifesto per la sinistra e l’umanesimo sociale".
Pubblicato il 6 Gennaio 2016
Hotel Gagarin, Laboratori

Manifesto per la sinistra e l’umanesimo sociale è un libro costituito in due parti piuttosto differenti sebbene in profondo dialogo tra loro. La prima curata da Paolo Ercolani è teorica e filosofica, e si concentra sul modo di vita dell’uomo nel sistema capitalistico contemporaneo, mentre la seconda parte è un’indagine storico-politica condotta da Simone Oggionni.
L’intero libro si propone di attuare quello che Oggionni stesso definisce un’impresa epica: trovare una visone, una prospettiva della sinistra in grado di tenere insieme le spinte interne centrifughe, delineando una teoria che di fatto sia in grado di travalicare le frammentazioni ataviche sul campo del pensiero di sinistra. Ma questa nuova visione, questo nuovo modo di pensare non deve rimanere astratta teoria, bensì deve dar luogo ad un partito che sia dichiaratamente di sinistra, e che mantenga anche delle aspirazioni ampie, in grado di ridare vita ad un processo continentale di vasto respiro non circoscritto alla realtà italiana.
Bisogna dunque dare una visione, una Weltanschauung (una prospettiva sul mondo), perché questo è l’unico modo con cui la sinistra può contrapporsi al pensiero unico del capitale. Il capitale fin dalla fine degli anni ’70 ha una prospettiva di azione e di visone sul mondo molto ben definita, ha un progetto a lungo termine. Vuole distruggere l’avversario che da troppo tempo sta ottenendo risultati. Quella del capitale e del neo-liberalismo è una vera e propria rivoluzione, o per meglio dire una guerra.
Una guerra subdola e oscura come afferma Ercolani nella prima parte del libro, una guerra in cui chi detiene la sovranità non si svela ma agisce sullo sfondo, ottenendo risultati eclatanti, imbrigliando l’intero sistema-uomo all’interno del sistema del capitale e della tecnica. Ne emerge un uomo meccanizzato, un uomo che ha subito un processo più profondo dell’alienazione di fine ‘800 descritta da Marx nei Manoscritti del’44 e nel Capitale. Un uomo controllato dalla rete, reso non umano anche nelle relazioni personali che vengono gestite attraverso una rete di comunicazioni virtuali. Così anche le relazioni umane perdono corpo e consistenza, come perde corpo il potere, gestito altrove, un altrove senza luogo.
Ercolani si sofferma su quest’essere altro del potere contemporaneo: una nuova divinità, una teologia dal dio onnipotente ed ineffabile. Un dio di cui non si può dire nulla, non si riesce a dire nulla se non con una sorta di teologia negativa, affermando ciò che è e non è grazie alle sue manifestazioni tangibili.
Da questa visione ne emerge un uomo in disfacimento. Un’umanità spettrale. Tanto che lo spettro citato da Ercolani all’inizio dell’libro, e che si aggira per il mondo, non è il pensiero forte comunismo del Manifesto di Marx ed Engels, ma l’uomo. L’uomo destrutturato e decostruito del postmodernismo, e del pensiero della tecno-finanza. Un uomo diventato un prodotto dell’economia piuttosto che del pensiero, un’umanità che ha dimenticato di essere umana.
E dov’era la sinistra fino ad ora? La sinistra è rinunciataria, ha abbandonato sia la fatica del concetto che il coraggio della prassi, forse si è abbandonata all’ipotesi escatologica di un fallimento incontrovertibile ed endogeno del capitalismo, auspicato dalla teoria marxiana; o forse, non ha saputo reagire alla crisi politica dell’89. Al fallimento del progetto socialista in Oriente si è risposto con una “rimozione” una rinnegazione delle proprie origini. Ercolani sostiene che con “la fretta” di criticare e prendere le distanze dagli orrori del comunismo sovietico, si è preso il pensiero economico liberista come unico riferimento del mondo occidentale dimenticando i vantaggi che il socialismo aveva portato nella nostra società.
Ci vuole ora, sostiene Oggionni, una profonda e rinnovata critica di quello che non funzionò allora in URSS, una critica all’economia troppo verticista che si era scollegata dal principio di realtà e di efficienza economica. Quella di Oggionni, nella seconda parte del libro, è una critica lucida e scientifica. Un’analisi storica di quanto avvenuto in Occidente dal ’70 in poi, dal momento cioè in cui il capitale elabora un pensiero sistematico con il chiaro scopo di scalzare il nemico (il pensiero sociale delle sinistre e del comunismo).
Così strategicamente nel libro vengono analizzate le mosse sapienti del neo-liberismo, mettendo a nudo alcune delle contraddizioni del pensiero “tecnocratico” della politica contemporanea.
Dall’attuazione nel ‘79 del progetto di Volker (capo del federal reserve) si è resa evidente la manovra relativa al consapevole aumento dei tassi di interesse per accrescere la disoccupazione e così con un colpo solo diminuire il potere dei lavoratori ed aumentare il bacino dell’esercito industriale di riserva. Prima mossa questa per giungere alla flessibilità del lavoro, alla sua precarizzazione, ricattabilità del lavoratore ed in sintesi alla svalutazione e al maggiore sfruttamento del lavoro a fronte di sempre maggiori profitti.
A queste mosse di ordine più prettamente economico segue una trasformazione antropologica (in buona parte descritta nella prima parte del libro) ma che trova il suo apice nella frammentazione dell’identità di classe; nello svilirsi dei legami di solidarietà, e giunge infine nell’individualismo più becero il quale fonda i propri principi sulla concorrenza a tutti i costi e su una forma di meritocrazia estrema che induce alla colpevolizzazione di chi non può riuscire.
Il capitale ha strutturato un pensiero unico ed una falsificazione sistematica delle proprie mosse, per mantenere il consenso delle popolazioni anche dove poneva chiaramente in atto il loro svantaggio.
A questo scopo viene riletta la colpevolizzazione della società civile per il debito pubblico. Molti politici hanno affermato che sia stato l’aumento del debito pubblico ad aggravare le conseguenze della crisi avendo permesso ai civili di vivere per anni al di sopra delle proprie possibilità. Ma è davvero questa l’unica spiegazione possibile?
L’ autore del libro prospetta un’altra possibilità: che il debito pubblico sia in realtà causato dall’intervento statale per colmare i buchi creati dal sistema finanziario e bancario.
Interventi attuati sino ad ora (in particolare l’austerità) non fanno che aumentare recessione e contrazione produttiva aggravando la crisi, e probabilmente questo non è un caso, un errore di percorso, o un effetto collaterale. Questi sono gli obiettivi del capitale per aumentare i propri profitti e il proprio potere a scapito del lavoro e della società civile. Si prospetta dunque un altro spettro più inquietante dell’uomo decostruito di Ercolani, che la crisi, ed il suo andamento che distrugge lo stato sociale ed i diritti dei cittadini si stia configurando come un atto volontario e inarrestabile. La vittoria più drammatica del capitalismo.
Eppure emerge un pensiero di speranza, si può ancora fermare questo andamento negativo, ma solo se riusciamo a ricostruire una Weltanschauung di sinistra, con una teoria politica solida e solidamente radicata al reale, che sia interprete, e di fatto manifestazione, di un grande progetto collettivo, “un protagonismo diffuso che è autogoverno di massa”. Un pensiero solido dunque che sia in grado di superare principio di separazione tra partito e corpi sociali.
Bisogna rivoltare il paradigma: considerando che per il capitalismo tutto è economia e l’uomo è solo un mezzo del sistema, bisogna riportare al centro l’uomo e riconoscere all’economia il ruolo di un mezzo per raggiungere la pienezza del vivere dell’uomo. Ecco dunque in sintesi spiegata la rivoluzione copernicana, l’atto di liberazione dell’umano, auspicato dal nuovo umanesimo sociale prospettato nel libro.
Come si può attuare questo immane cambiamento? Il libro nel complesso pone alcune ipotesi: ridefinire identità di sinistra, abbandonare l’eterno presente immaginando il futuro come un cammino, come una strada da definire non come un dogma da accettare; superare il naufragio della ragione che ci fa percepire come impotenti, che dà la sensazione di non poter cambiare questo mondo e doverlo subire, doversi adattare quotidianamente alle dinamiche del mercato ed ai suoi ricatti senza potervi reagire. Ma alla base di questo nuovo pensiero, alla base di una reazione reale ci vuole la politica, e una visione politica di ampio respiro. Una cultura non improvvisata che dovrebbe prendere le mosse dal pensiero di Gramsci e di Curiel.
Per uscire da questo sistema è in primo luogo essenziale non accettare il pensiero unico, non accettare disuguaglianza come fatto naturale, lasciarsi in sintesi lo spiraglio teorico di una possibilità di rinnovamento reale politico e culturale.
Nella speranza che questo libro, seppure non possa porre in atto la rivoluzione delle coscienze, almeno possa porre il sistema contemporaneo sotto le lenti di una critica attenta e consapevole, una critica che deve poter essere alla portata di tutti.

2 commenti a “Una prospettiva di Sinistra”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *