Materiali

Osservatorio Poteri e Frontiere – Ottobre 2016

Presentiamo l'edizione di ottobre 2016 della rubrica “Osservatorio Poteri e Frontiere”, curata da Federica Resta

Democrazia e istituzioni
La vicenda del “burqini”
Il 26 agosto il Consiglio di Stato francese ha sospeso l’ordinanza del comune di Villeneuve-Loubet (non distante da Nizza) di divieto di accesso alla spiaggia per chiunque non disponga di una “tenuta corretta, rispettosa del buon costume e del principio di laicità”, divieto esteso da circa 30 comuni. Le ragioni della censura mossa dal Consiglio di Stato concernono essenzialmente l’infondatezza dei motivi addotti a sostegno del divieto dall’amministrazione comunale, ovvero il rischio di turbative all’ordine pubblico, secondo i giudici inesistente anche in zone quali quelle considerate dall’ordinanza, vicine al fulcro dell’attentato del 14 luglio. In assenza di reali rischi di turbative – osserva il Consiglio di Stato -“l’emozione e le inquietudini suscitate dagli attacchi terroristici (…) non bastano a giustificare legalmente il divieto contestato”. L’ordinanza ha danneggiato gravemente- proseguono i giudici –  le “libertà fondamentali (…) di movimento, di coscienza e la stessa libertà personale”.
Il divieto e la stessa sentenza hanno determinato reazioni diverse non solo tra le varie forze politiche ma anche all’interno di molte di esse, riproponendo peraltro l’antitesi tra chi ritiene che la libertà delle donne debba in alcuni casi essere imposta anche per legge e chi invece pensa che tale risultato debba essere perseguito promuovendo una diversa consapevolezza, individuale e sociale. Emblematico il caso dei socialisti, con il primo ministro Manuel Valls favorevole al divieto e la sua Ministra dell’istruzione contraria. La destra e il Front National ne hanno invece auspicato la previsione con legge statale (così da superare il vizio di illegittimità riscontrato in sentenza), annunciando una nuova, ulteriore campagna per il divieto dell’uso del velo.

Riforma della legge elettorale
Il 21 settembre la Camera dei deputati ha approvato il testo di maggioranza della mozione che impegna l’Aula ad avviare “una discussione” volta a promuovere una modifica della legge elettorale vigente, valutando le possibili “convergenze” sulle varie proposte. Tra i voti favorevoli anche quelli di Ala, la componente che fa capo a Denis Verdini, mentre la c.s. “sinistra dem” non ha votato la mozione, ritenendola priva di portata innovativa proprio in assenza dell’indicazione del merito delle possibili modifiche. Diversi senatori riconducibili a quest’area hanno, per canto loro, depositato una proposta di riforma della legge elettorale denominata “Mattarellum 2.0”, con collegi uninominali a turno unico per 475 seggi e con premio di maggioranza alla coalizione nella misura del 14%% dei deputati da eleggere per i 155 seggi restanti, diritto di tribuna per le forze politiche minori e disciplina per lo svolgimento delle primarie per la scelta dei candidati nei collegi uninominali, al fine di superare il fenomeno dei c.d. “paracadutati”.

Rifugiati e non refoulement
Con sentenza del 28 settembre, il Consiglio di Stato ha impedito il trasferimento dall’Italia all’Ungheria di un richiedente asilo per rischio di esposizione a trattamenti inumani e degradanti, ritenendo  (sulla scorta di alcune pronunce della Corte di giustizia Ue) l’Ungheria Paese non sicuro. In tale valutazione hanno pesato anche le modifiche normative approvate a luglio 2015 in Ungheria volte a ridurre i flussi migratori (e simboleggiate da quello che è stato definito il muro “anti-immigrati” eretto sui confini ungheresi), legittimando altresì la detenzione per fini amministrativi dei richiedenti asilo e la loro sottoposizione a lavori di pubblica utilità per coprire le spese di mantenimento. E’ del resto del 10 dicembre scorso la lettera di costituzione in mora inviata dalla Commissione Ue all’Ungheria per la dubbia compatibilità, appunto, delle politiche migratorie ungheresi con i principi del diritto dell’Unione europea.


Diritti e giustizia
Riforma del processo penale
E’ all’esame del Senato, in seconda lettura, il disegno di legge governativo per la riforma del processo penale, sul cui testo la stessa maggioranza ha faticato a trovare un accordo. Si tratta di un progetto di legge alquanto ampio e persino segnato da una significativa contraddittorietà interna. A norme di segno restrittivo quali quelle volte all’estensione dei termini di prescrizione dei reati si affiancano altre d’ispirazione garantista, quali ad esempio le deleghe per la riforma dell’ordinamento penitenziario o della disciplina delle misure di sicurezza. Le prime mirano a valorizzare la funzione di reinserimento sociale della pena (anche mediante il lavoro, l’affettività, l’attività riparatoria), ampliando il ricorso a misure alternative e benefici penitenziari, riducendo anche le presunzioni di pericolosità a ciò ostative. La seconda delega prevede la riforma della disciplina degli autori di reato infermi di mente, in favore di misure di cura o controllo modulate sulle necessità terapeutiche, rivisitando altresì, per i semi-imputabili, il regime del doppio binario (applicazione congiunta di pena e misura di sicurezza), nell’ottica del minor sacrificio possibile della libertà personale. Importante anche la delega per la riforma della disciplina delle intercettazioni, volta a rimodulare la disciplina del deposito delle conversazioni intercettate tutelando maggiormente i terzi estranei al processo e le stesse parti processuali, relativamente ai dati non rilevanti ai fini processuali, nonché a specificare le condizioni per lo svolgimento di intercettazioni ambientali mediante captatori informatici. Il provvedimento è stato peraltro oggetto di critiche da parte dell’Anm, nella parte in cui impone l’avocazione da parte della Procura generale dei procedimenti non definiti con archiviazione o rinvio a giudizio entro i tre mesi dalla scadenza del termine delle indagini, nonché nella parte relativa alla riforma della disciplina della prescrizione, che si sarebbe voluta fondata sull’interruzione del decorso dei relativi termini dopo la sentenza di primo grado.

Fertility day
Il Ministero della salute ha istituito il 22 settembre quale giornata dedicata, asseritamente, alla sensibilizzazione sul tema della fertilità e sul rischio di denatalità, come parte del Piano nazionale per la fertilità pubblicato a maggio 2015.
Per i suoi contenuti, l’iniziativa si è tuttavia caratterizzata più come invito alla gravidanza il prima possibile (sulla scia delle politiche tenute dai regimi totalitari per la promozione della natalità) che come invito alla consapevolezza sulla propria fertilità. Tale circostanza ha suscitato aspre critiche che hanno rilevato l’inopportunità della campagna e la sua interferenza sulla libertà di ciascuna donna, peraltro in assenza di misure per favorire le tecniche di procreazione assistita e dei provvedimenti attuativi la cui adozione sarebbe necessaria per la disciplina della fecondazione eterologa, dopo la sua reintroduzione a seguito della declaratoria di illegittimità del relativo divieto, da parte della Consulta.

Cyber bullismo
Il 20 settembre la Camera dei deputati ha approvato, in seconda lettura, il disegno di legge, d’iniziativa parlamentare, per il contrasto del (bullismo e del) cyber bullismo, in un testo significativamente modificato rispetto a quello del Senato. Nato come provvedimento per la tutela del minore da vessazioni, scherni, diffamazione e ingiurie in rete, esso ha esteso il suo ambito applicativo all’hate speech, alle ingiurie, violenze e vessazioni anche nei confronti di adulti ed anche con mezzi diversi da quelli telematici. Si introduce anche un’ulteriore fattispecie di reato  volta a colpire condotte corrispondenti a una sorta di stalking telematico.. Tale estensione e la connotazione sanzionatoria assunta, in seconda lettura, dal disegno di legge, hanno suscitato diverse critiche, soprattutto da parte di chi ravvisa in tali nuove norme il rischio di un “chilling-effect”, ovvero di una compressione della libertà di espressione, soprattutto in rete.  Sicuramente opportune sono tuttavia le norme, facenti parte del disegno di legge originario e modificate solo parzialmente alla Camera, funzionali alla prevenzione del fenomeno e alla riduzione del danno causato alla vittima. Sotto il primo profilo rilevano, ad esempio, l’introduzione di un codice di corego-lamentazione per la prevenzione del cyber bullismo da adottarsi da parte dei gestori di social network e di altri operatori della rete, nonché la previsione di linee di orientamento per la prevenzione del fenomeno nella scuola. In ordine alla tutela riparativa accordata alla vittima anzitutto sotto il profilo della riduzione del danno causatole, rileva la procedura speciale per l’oscuramento dei contenuti lesivi istituita in prima istanza dinanzi allo stesso gestore del sito ospitante i contenuti contestati e, in seconda istanza, dinanzi al Garante per la protezione dei dati personali, cui la vittima o lo stesso autore (in funzione riparativa dell’illecito commesso) possono rivolgersi per ottenere la rimozione dei dati illeciti diffusi. In tal modo, ad esempio, i genitori di un minore vittima di un atto di cyber bullismo che pur non integri gli estremi di uno specifico reato potrebbero ottenere una tutela rafforzata e celere da parte dell’Autorità, attraverso l’adozione di provvedimenti inibitori e prescrittivi che garantiscano la dignità del minore rispetto a qualsiasi forma di violazione della sua persona, commessa in rete. A fini di riabilitazione dell’autore di tali condotte, si prevede un ventaglio di misure sanzionatorie che vanno dal percorso educativo specifico istituito in ambito scolastico all’ammonimento da parte del questore, sino, appunto, alla reclusione prevista tuttavia per i soli comportamenti che integrino lo specifico reato introdotto ex novo.
 
 

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