Interventi

Foto di thedarknut da Pixabay

Prima una domanda più generale: come nasce l’associazione APIQA, da te presieduta, dentro il sindacato?

APIQA è stata costituita nel corso del V congresso di Agenquadri e pone la sua azione in continuità con il soggetto nato nel 1994 per volontà dell’allora Segretario generale Bruno Trentin. L’associazione APIQA, affiliata alla Confederazione, si pone l’obiettivo di rappresentare i quadri, i professionisti e i lavoratori di alta professionalità, dipendenti e non dipendenti. L’Associazione fornisce un contributo all’elaborazione e al rafforzamento di una politica confederale specifica per l’area dei Professional & Managerial staff, basata sul principio di solidarietà e su una visione unitaria del lavoro. APIQA non è un acronimo, è già nella semantica che mette in evidenza la sua natura confederale intercategoriale; aldilà di ogni possibile etichettatura. APIQA è invece una sorta di word cloud, un tentativo di mettere assieme differenti definizioni e forse visioni, professionisti, professional, quadri, inter-categorialità, alte professionalità. L’obiettivo primario di APIQA è l’inclusione di queste categorie di lavoratrici e lavoratori, nello spirito sancito dalla Carta dei Diritti Universali del Lavoro, con il fermo convincimento che la riunificazione del mondo del lavoro e la lotta alle diseguaglianze passi necessariamente anche attraverso questa azione sindacale. APIQA si vuole porre anche in un ruolo di supporto all’elaborazione delle analisi e delle proposte confederali, in particolare sui temi del cambiamento, dell’innovazione tecnologica, dell’organizzazione del lavoro e dell’impresa. Potremmo quindi affermare che APIQA si propone di affrontare la complessità della realtà attuale nei suoi molteplici livelli, tra loro interconnessi, economici, produttivi ed umani. Tutto questo nella profonda convinzione che il pieno sviluppo delle potenzialità e dei talenti di ogni persona stia alla base della costruzione di una società prospera ed equa.

L’Associazione quindi riesce a far convivere un modello associativo (quindi, presumo, con attività di consulenza e/o di lobbying) e uno rivendicativo classico da “sindacato”?

Dal punto di vista del rapporto con le lavoratrici e i lavoratori, questa operazione consente di offrire a tutte le alte professionalità, a prescindere dalla Categoria di riferimento contrattuale e dal tipo di rapporto di lavoro, un punto di riferimento riconoscibile, qualificato e competente, capace di parlare il linguaggio delle alte professionalità, anche del lavoro autonomo, ma rappresentando al tempo stesso un punto di accesso e congiunzione con il mondo del sindacato generale e confederale. APIQA in questa rinnovata configurazione vuole essere un patrimonio di competenze, una intelligenza collettiva a servizio del sistema confederale, essendo un terreno di confronto neutrale con un punto di vista autonomo, sui perimetri sfocati del nostro mondo, anche su temi quali quello della contrattazione.

I quadri e le alte professionalità pagheranno anche loro la crisi attuale innescata dalla diffusione del COVID-19. La consapevolezza di questa cosa esiste fra di loro? Come stanno reagendo?

I quadri e le alte professionalità pagheranno anche loro la crisi attuale e la consapevolezza di questa cosa esiste: serpeggiano le paure e le incertezze; nell’emergenza, spesso sono stati superati i diritti. Rispetto a questa emergenza COVID-19, abbiamo attivato sin dall’inizio una intensa attività di supporto e ascolto. La pandemia è entrata nelle vite dei singoli, travolgendo la quotidianità e stravolgendo il futuro che ci parava dinnanzi. La dimensione collettiva dell’organizzazione ha aiutato le persone a sentirsi parte di un qualcosa di più ampio, ad attivare una rete dove ognuno è un pilastro fondamentale per il sostegno dell’altro. Nello specifico poi, i professionisti autonomi compongono un universo molto eterogeneo e operano in maniera differenziata in tutti i settori, partecipando al funzionamento e allo sviluppo dell’economia privata e dei servizi pubblici. Nel corso degli ultimi decenni si è registrato un costante aumento dei professionisti autonomi che svolgono mansioni qualificate e, allo stesso tempo, un peggioramento delle loro condizioni di lavoro e delle prospettive di carriera, in uno scenario di generale precarizzazione del mondo del lavoro.

Le nuove forme di welfare, sia quelle pre-, che quelle post- COVID-19 (i vari “bonus” dell’INPS) hanno una qualche ricaduta sui vostri soci?

Nella fase recente, la crisi economica determinata dalla pandemia COVID-19 ha messo in luce le difficoltà in termini di protezioni occupazionali e tutele economiche per i professionisti autonomi, solo in parte superate attraverso forme di sostegno al reddito che si sono mostrate comunque insufficienti per costruire un sistema di supporto adeguato e differenziato in base ai loro bisogni. Inoltre, gli impatti sulle attività produttive in termini di chiusura delle attività e, d’altra parte, di apertura condizionata al rispetto di procedure di sicurezza, ha mostrato la necessità di una riflessione approfondita sul rapporto che intercorre tra tutte le tipologie contrattuali lungo le catene del valore, come nel caso emblematico dei servizi cosiddetti “essenziali” e delle implicazioni in termini occupazionali, di tutela della salute e di coinvolgimento nei sistemi di prevenzione per i lavoratori autonomi.

Le nuove forme di welfare rimandano poi alle nuove forme di lavoro. A seguito del COVID-19 si è fatto un gran parlare, anche a sproposito, di smart work. Come avete affrontato il tema? Quali ricadute, anche psicologiche, pensi possa avere lavorare “a distanza”?

Riprendo le parole del nostro Segretario generale, Maurizio Landini, “a casa o in azienda il lavoro è sempre lavoro”. Vi è la necessità di una contrattazione diversa, il che significa nuove regole. Si potrebbe anche affermare che oggi il tema è il lavoro da remoto: molti ostinatamente continuano a chiamarlo impropriamente smart working. Ma non è né lavoro agile, né telelavoro che è ben definito da un accordo quadro europeo e recepito poi da un successivo accordo interconfederale. Come APIQA stiamo cercando anche di operare sulle “reti lunghe”: siamo ben consapevoli che certi temi sono affrontabili con successo solo a un livello critico dimensionale che non può essere limitato dai confini nazionali. Cerchiamo infatti di agire il nostro ruolo a livello europeo, attraverso la nostra struttura di riferimento, Eurocadres. Ad esempio, è in atto la costruzione di un network ampio sui temi dello stress da lavoro correlato, che mira a richiedere alla Commissione Europea, una nuova direttiva affronti i rischi psicosociali.

Qui il PDF

Qui l’intervista di Carmelo Caravella, sempre sul tema del lavoro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *