Materiali, Interventi
Chi è e dove può andare la sinistra oggi? Domande impegnative alle quali la lettura del carteggio intercorso tra Fausto Bertinotti e Riccardo Terzi, (“La discorde amicizia. Lettere sulla sinistra”, Ediesse, Roma, 2013, pp. 187, Euro 13,00), svoltosi prima delle elezioni politiche del febbraio 2013, può aiutare a rispondere.
Gli autori iniziano a ragionare sul rapporto tra individuale e collettivo che caratterizza la politica oggi. Politica e vita sono ambiti inscindibili che dovrebbero servire l’uno all’altro nella misura in cui la dimensione collettiva non annulla l’io ma lo emancipa. Oggi domina invece la sola retorica individualista che produce un paradosso ben sintetizzato da una formula di Terzi: “L’epoca dell’individualismo trionfante è l’epoca della massima fragilità individuale”. Quest’ultima si ripercuote nelle relazioni sociali lasciando il singolo in una condizione di perenne solitudine e precarietà. Da qui nascerebbe spontaneo, specialmente a sinistra, il tentativo di costruire l’azione collettiva, invece nella fase storica attuale la sinistra manca di interpretare questa spinta e questo bisogno.
Risiede qui una delle cause, non la sola, della sconfitta della sinistra che è poi il tema centrale di tutto il volume. Una sconfitta politica, sociale e ancor più culturale che Terzi e Bertinotti provano a indagare dialogando in maniera franca e sincera.
L’allontanarsi della sinistra (e della politica) dalla società è un punto sul quale entrambi sono d’accordo, anche se esso viene collocato temporalmente in maniera diversa: durante gli anni settanta per Terzi, nel ’68-’69 per Bertinotti. È sul presente, invece, che le distanze aumentano. Nell’analisi di Bertinotti traspare una forte sfiducia nel sistema politico attuale e nei partiti che lo compongono. Il trionfo della tecnocrazia, mirato a risanare il debito pubblico, riproduce ancora una volta il primato dell’economia sulla politica senza che però vi siano partiti, soprattutto a sinistra, in grado di opporvisi. I partiti politici, agli occhi dell’ex presidente della Camera, sono solo dei cartelli elettorali che mirano alla governabilità, non più in grado né di incidere in maniera profonda nei cambiamenti, né di capire e interpretare le nuove domande, i nuovi conflitti, della società. Destra e sinistra si approssimano fino a sembrare simili. Per questo occorrerebbe spostare altrove il campo d’attenzione, verso tutti quei i fermenti di rivolta che si muovono fuori dalla politica ufficiale e organizzata, come i movimenti. È qui che si esprime una ‘antipolitica’ che non va interpretata in chiave nichilistica ma solo nella sua antitesi a un sistema atrofizzato non in grado di rispondere alle esigenze dei nuovi esclusi, i ceti alienati che in forme spontanee hanno espresso ed esprimono il loro disagio, la loro rabbia.
Diversa l’analisi di Terzi che, dichiaratamente osservatore della lezione togliattiana, pur riconoscendo grandi limiti ai partiti e ai sindacati di oggi, non rinuncia a vedere nella grande politica organizzata un soggetto inestinguibile e irrinunciabile per condurre la lotta politica dato che quello della sinistra è “il campo delle grandi organizzazioni politiche e sociali”. La rivolta, invece, ai suoi occhi è insufficiente sia perché esprime un’attesa, un po’ messianica, nella spontaneità degli eventi e dei soggetti e sia perché “è spesso solo il rovesciamento delle forme, dei simboli, mentre la sostanza ne esce confermata e rafforzata”.
C’è poi il tema del lavoro, il grande riferimento smarrito dalla sinistra, sul quale sono più dure le riflessioni degli autori. Il ciclo neoliberista ha sancito una vittoria non solo sostanziale, del capitale sul lavoro, ma culturale, egemonica. Il lavoro ha smesso di essere il punto di riferimento della sinistra al punto tale che secondo Bertinotti “le organizzazioni della sinistra non hanno più alcuna parentela con la storia delle organizzazioni di massa del movimento operaio”.
Sinistra, conflitto, lavoro, organizzazione, rivolta. Le prospettive restano tutte aperte, ma questa lettura aiuta non poco a mettere meglio a fuoco i problemi sul campo.

2 commenti a “La sinistra smarrita”

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